Crossfit Adaptive, ne abbiamo sentito parlare, probabilmente molti si sono anche stupiti guardando post, video, competizioni dove la categoria era presente.
Molti certamente la avranno associata alla categoria dei “para” qualcosa (cit.), ma forse c’è dell’ altro.
Le parole che seguono appartengono ad
Andrea De Beni.
Per chi non lo conoscesse , classe 1979, vive e lavora nel capoluogo piemontese inizia a giocare a pallacanestro all’età di tredici anni, militando in diverse società amatoriali torinesi. Andrea è nato con una malformazione congenita al femore destro.
Cammina con una protesi alla gamba dall’età di 2 anni. Nonostante ciò, ha sempre giocato a pallacanestro “in piedi”, ovvero in squadre totalmente composte da atleti non disabili.
All’età di 17 anni ha brevemente militato nelle giovanili dell’Auxilium Pallacanestro Torino. In carriera ha raggiunto alcune partecipazioni in Serie D e Promozione.
Recentemente ha pensato di trasformare le sue “particolari performance“ in qualcosa di utile anche per gli altri, ovvero in un momento a carattere motivazionale per nuove generazioni e non solo.
Nel 2008 ha fondato il team Garpez – Disabili in Quad, la prima squadra corse di piloti con handicap motori. Per tenersi in forma, pratica quotidianamente CrossFit.
Lo scorso anno tra i suoi tanti impegni è stato partecipe anche di un episodio del nostro Podcast “Monaci Woddisti”
Andate a recuperarlo se ve lo siete perso!
La sua riflessione riguarda l’ adattarsi, ed il come adattarsi non sia solo una questione di modificare un workout.
“Più è invasiva la componente di inabilità, disabilità, disagio, limitazione motoria, cognitiva o sensoriale, più l’impatto del CrossFit sulle persone, come metodologia, può produrre un beneficio: per questo motivo sono convinto che non si tratti di un’utenza di nicchia ma di quella quota parte maggiormente sensibile al cambiamento positivo donato dal movimento funzionale.
Il paradosso è che da un certo livello in avanti, l’allenamento diventa giustamente un momento di sport ed è bene che sia così; prima di arrivare a quel livello, in cui molti di noi viviamo e che spesso diamo per scontato, c’è in gioco la vita stessa delle persone, il loro benessere, la convivenza soddisfacente con il proprio corpo.
È un fattore abilitante che porta benefici enormi in ogni ambito personale, professionale, emotivo e affettivo, catapultando chi vive la limitazione in una nuova versione di sé.
Il concetto di Adaptive è il più rispettoso dell’essere umano.
Basta con “handy” qualcosa o “para” qualcos’altro: l’adattamento è da sempre un trend dell’essere umano, un linguaggio, un approccio alla vita e alle sue dinamiche.
È Adaptive sia un lavoro specifico relativo ad una disabilità, ad esempio, così come una modificazione temporanea, causata da un lieve infortunio.
L’obiettivo è allenarsi sempre, comunque, senza interrompere.
Vediamo spesso il Crossfit come “fine” ma proviamo a vederlo come “mezzo”: nel Crossfit passano messaggi fondamentali come quelli sull’inclusione agita.
Stesso coach, stessa classe, stessa ora, stesso workout, stesso stimolo: dove trovo un altro luogo in cui stare insieme e fare uno sport che è inclusivo per definizione?
Per “aiutare” le persone con disabilità spesso si lavora SULLE persone con disabilità quando a mio parere si deve lavorare PER.
Qui è il sistema che deve poter essere accogliente: coach, spazi, metodi, approcci.
Penso che lavorare sull’ecosistema sia la chiave per aprire le porte in modo consapevole: educazione, formazione, cultura dell’adattamento innanzitutto.
Lavorando su tutti gli attori si diventa sempre più accoglienti, inclusivi e di fatto si permette a più persone di fare sport, è un automatismo che impiega tempo e a volte non è scontato: sembra che si debba passare per forza dall’agevolare il singolo quando in realtà non è così.
Una persona con disabilità nel tuo box non deve essere un fatto di se ma di quando: diventa solo questione di tempo, ed è un bene che sia così. “
Andrea